"Il mio ottimismo si fonda sulla certezza che questa civiltà crollerà, il mio pessimismo su tutto ciò che essa farà per trascinarsi nella sua caduta", Guy Debord


Sui danni della medicina condotta secondo criteri di profittabilità

Esistono tre studi recenti (di seguito) che ci fornisco un quadro coerente del posto che nell’ecosistema occupa al momento la nostra specie. Uno riguarda la quantità e la composizione della biomassa nella biosfera. Un altro il processo di annientamento delle popolazioni animali che configura un aspetto di quella che è stata chiamata sesta estinzione di massa per cause antropiche. Un altro studio concerne l’impatto ambientale della produzione non solo industriale di carne, pesce e latticini. Il primo assegna alla nostra specie lo 0,01% della biomassa, la maggior parte della quale composta da organismi autotrofi, solo lo 0,3 da animali, una parte dei quali soltanto onnivori-carnivori. Il secondo presenta un quadro allarmante degli effetti che sulla biosfera e per quanto riguarda solo certe specie animali ha prodotto la nostra specie socialmente impostasi sugli ecosistemi animali. Dunque ciò che conta, in termini di biomassa, è l’effetto radiante della medesima. L’ultimo induce alla necessità di ridurre drasticamente il consumo di carne, pesce e latticini dati gli effetti enormemente distruttivi sull'ambiente causati dal sistema industriale (capitalistico) che presiede alla produzione dei medesimi, con una resa in termini di calorie e proteine disponibili in rapporto alla terra utilizzata estremamente bassa. Siamo ad un passo dal concederci una diffusa prassi vegana, che le stesse conoscenze in campo chimico e biologico ci consentirebbero di seguire (vitamina B12, omega 3 etc.). Manca una considerazione diciamo etica da diversi pensatori evocata. Possiamo evitare di tornare a forme di cacciagione naturali. Perché non farlo? Una più che millenaria pratica di dominio che si è fatta cultura ed una quasi seconda natura, di cui il capitalismo è solo l’ultimo portato, l’ultima materializzazione, lo impedisce. Si impone, ovviamente, anche una considerazione sulla necessità di modificare gli attuali regimi di coltivazione agricola.

Fatto salvo quanto di fondamentale ha da insegnarci il primitivismo su ciò che non dobbiamo fare, occorre invece fare i conti con la tecnologia, se non vogliamo tornare cacciatori invece di praticare una forma di post-civiltà basata sul veganesimo, resa possibile dalla stessa tecnica.  Siamo nonostante tutto "in evoluzione".

Iniziamo dal grave errore della ex vegana: "in questo pianeta tutti mangiano tutti". Ci sono due tipologie di viventi: autotrofi ed eterotrofi. Gli autotrofi sono quelli che possono sintetizzare da materiale non organico materiale organico, e quindi non mangiano cellule viventi. Gli eterotrofi sono quelli che hanno perso questa capacità di sintesi chimica e dipendono per vivere dagli autotrofi. Autotrofi sono molti micro-organismi (batteri) e tutto il mondo vegetale (a parte le piante carnivore). Le piante per esempio con la clorofilla sintetizzano la luce del sole e ne ricavano energia per vivere. La vita autotrofa è la più importante per la vita nel pianeta. Gli eterotrofi si distinguono a loro volta in due tipologie: vegetariani e carnivori. Noi attualmente facciamo parte di un sottogruppo di un ramo evolutivo limitato: la vita è ben altro! La lotta per l'esistenza e la sua rilevanza evolutiva sono favole darwiniane ricavate da quel farabutto di Malthus, che la vedeva inevitabile nelle società umane e la teorizzava dicendo che i poveri dovevano essere lasciati crepare per non accentuare il divario fra crescita delle risorse e crescita demografica. Darwin estrapolò a tutta la vita questa considerazione malthusiana sugli umani immaginando scarsità di risorse per tutte le specie, ma questa estrapolazione è indebita: nella società umana si è creato questo problema solo per la crescita demografica abnorme rispetto a tutte le altre specie e per una gestione di quelle che chiamiamo 'risorse naturali' ad dir poco folle ed irrazionale attribuibile al capitalismo. L'evoluzione positiva, la creazione di nuove specie, avviene solo con abbondanza di risorse; la scarsità di risorse può spiegare solo l'estinzione di specie e solo in questo caso si ha lotta e non sempre. Quella che per Darwin era una coincidenza e per i teologi provvidenza divina è invece un processo effettivo di SIMBIOSI: animali, in parte come gli umani, stanno bene in un certo ambiente non per un caso, ma perché le piante producono frutti per gli animali per avviare con loro un processo di simbiosi. Quando gli animali si trasformarono in carnivori? Quando si spostarono in ambienti con scarsità di risorse dove non era in gioco questa simbiosi: probabilmente prima mangiarono carcasse e poi, disattivandosi i geni adatti, furono costretti a mangiare carne e a trasformarsi in predatori: questo è un processo generale, che non ha riguardato solo gli umani. Ciò si capisce per un fatto evolutivo semplice: la prima vita animale è dovuta essere vegana, perché non c'erano altri animali ancora. Ad esempio anche il nuovo libro "A cena con Darwin" di Silvertown, per quanto retrodati di molto l'inizio del mangiare carne fra gli ominidi, riconosce l'origine vegana delle diete ominidi. Eppure tralascia altre conoscenze di biologia evolutiva riguardante gli ominidi: sappiamo, per esempio, che allo stesso tempo in cui nacque la specie homo c'erano i parantropi che avevano una dieta completamente vegetale e però si sono estinti. Probabilmente, per qualche scarsità di risorse negli ambienti in cui erano, gli ominidi che iniziarono a mangiare carne sopravvissero e gli altri che non abbandonarono la dieta frugivora si estinsero. Siamo figli di sopravvissuti che per sopravvivere si "snaturarono". L'uomo nella sua smania di conquista di nuovi spazi in cui moltiplicarsi si trova tutt'oggi in ambienti, come l'artico per esempio, in cui se vuoi vivere ti devi nutrire di carne-pesce. E' chiaro che, per semplicità , uno può fare anche solo un discorso che riguarda il presente o il futuro e porre il veganesimo su scelte etiche filosoficamente salde (vedi certo cristianesimo delle origini, certe filosofie orientali, l'ecosofia ed anche ad esempio, seppur 'carnivori', lo stile di vita dei nativi americani, nonché la possibilità odierna di utilizzare integratori, come la B12. Tralascio di considerare il piano delle alternative sociali al mostro capitalista che pur ci sono). Ed è altrettanto chiaro che i discorsi evoluzionistici o delle origini sono più difficili da affrontare e ricostruire. Però, questa consapevolezza difficilmente placa la nostra ansia di capire il perché sono accadute certe cose e perché siamo in una situazione planetaria disastrosa; e così non possiamo non affrontare anche argomenti intorno alle origini. L'autrice riconosce il ruolo nefasto del capitalismo e dell'antropocentrismo specista nel nostro attuale modus vivendi, ma dovrebbe evitare di estrapolarlo a tutto il creato come invece le capita di fare. Maggiori informazioni biologiche a riguardo non guasterebbero. Un merito che sicuramente mi sento di attribuire al libro sta nell'aver evidenziato il ruolo nefasto dell'agricoltura in genere e specie industriale centrata sulle monocolture ("campi di concentramento" della vita vegetale, giacché distruggono la biodiversità ). i vegani dovrebbero porsi questo problema, senza che ciò debba giustificare in alcun modo l'esistenza di campi di concentramento e sterminio per animali quali sono glia allevamenti intensivi ed i mattatoi. (e. g., g. s.)